Radici

Andrea Valentinetti, un’infanzia che diventa futuro. La storia di Radici – Terra e Gusto di Padova

Chi è Andrea Valentinetti?

“Eh, bella domanda”.

Partiamo da qui.

Passiamo la mano su una tovaglia grigia, perfettamente stirata. Il tovagliolo candido, un calice affusolato, le bollicine freddissime, le poltrone morbide.

Siamo in via Andrea Costa, a Padova.
Siamo da Radici – Terra e Gusto, un ristorante di ricerca e di innovazione, il ristorante dello chef Andrea Valentinetti.

A Padova tutti conoscono questo nome.
Nel tempo si è fatto strada come sinonimo di attenzione, cura verso il cibo, menù ricercati, procedimenti laboriosi, cucina di alto livello.
È un nome che ha ottenuto il plauso della critica.

E poi, poi c’è l’ingresso nella Guida JRE, che descrive le più straordinarie cucine gourmet di tutto il mondo.

Eppure quando te lo trovi davanti, lui in persona, con il grembiule bianco, un canovaccio sulla spalla, capisci che è giovane. Giovanissimo.
Eppure è arrivato presto lontano.
Come ha fatto?

Ecco, allora sarebbe utile tornare alla domanda iniziale.

Chi è Andrea Valentinetti?

“È uno chef, è una persona che vuole crescere, che vuole avere un ruolo importante nel settore della ristorazione patavina e italiana, è un ragazzo ambizioso” dice.

Questo ragazzo ambizioso è nato a Venezia nel 1985.
I giornali (molti giornali italiani si sono già occupati di lui) scrivono che ha mostrato fin da subito una devozione sincera per la cucina.
Potevamo scriverlo anche noi.
Ma a noi non è bastato.
Allora gli abbiamo chiesto perché, che cosa c’è dietro, qual è il suo primo ricordo.

E il suo primo ricordo emerge con la forma di un pan di Spagna caldo, alto, profumato, appena tirato fuori dal forno, mentre dalle finestre illuminate dal mare entrano le voci della lingua ponziana.

“Avevo sette anni quando ho fatto il mio primo pan di Spagna, insieme a nonna Maria. Mi ricordo che l’abbiamo tirato fuori dal forno ed era una nuvola calda fatta di uova, zucchero, farina.
Nella stanza si sentiva profumo di vaniglia, di calore”.

Insomma, Andrea si innamora fin da bambino degli ingredienti, di ciò che c’è dietro.
Come con le parole, gli ingredienti possono costruire favole.
I suoi ricordi prendono forma nei piatti, si materializzano nelle sue creazioni, nelle sue sperimentazioni.

A diciotto anni Andrea parte per la terra d’origine dei suoi nonni. Ponza.
Lì inizia ufficialmente la sua carriera, insieme a Gino Pesce (il suo papà professionale) presso il ristorante stellato “Acqua Pazza”.
Poi torna a Padova dove comincia a collaborare con Max ed Erminio Alajmo alla guida de “Le Calandre”.

È nel 2017 che Andrea rileva un’antica Villa del 1900, proprio nel cuore di Padova, per dare vita, insieme al suo socio Dario a un’idea di ristorante nuova, diversa, dedicata ai padovani, ai veneti, per fargli respirare aria di casa.

La sua idea di cucina è una cucina semplice.
“Mi immagino una cucina sempre più facile, in cui la gente sia meno legata agli schemi, alle impostazioni. Una cucina che guardi al territorio e agli elementi.
Una cucina non complicata, senza eccessivi infiocchettamenti. Una cucina con più valore e meno impostazione, con più scambio e meno schemi. Prima si utilizzava il termine “oste”. Ecco, dovrebbe tornare di moda. La mia idea è di creare qualcosa che non si inginocchi alle logiche delle grandi aspettative e dei fronzoli ma che riveli semplicemente la natura di un momento vero, sincero.”

Valentinetti sembra avere le idee chiare su tutto. Per ogni concetto ha un’opinione ferma e parole rigorose.

Si inserisce a gamba tesa anche nella querelle sui giovani, da più parti tacciati di indolenza, di non accontentarsi di stipendi bassi, di essere fin troppo boriosi, sfaticati.

“I giovani hanno messo in mostra delle problematiche precise.
Anche questo mestiere deve avere delle regole. Nel 2023 non si può più immaginare di lavorare quattordici ore al giorno. I giovani devono lavorare il tempo adeguato e avere la giusta ambizione. Il loro benessere è importantissimo. Ma d’altro canto la bilancia economica deve funzionare bene. I ristoratori non possono risolvere le cose da soli”.

Quando gli abbiamo chiesto dei suoi dolci preferiti ci ha parlato di crema catalana e di impasti tradizionali.
Poi si è fermato un attimo, gli è venuto in mente qualcosa. Forse ha sentito un profumo dolce, salato.

“‘Mi ricordo il casatiello napoletano fatto con nonna Maria. Era il suo dolce preferito”.

A conti fatti, Andrea Valentinetti, secondo noi è questo.
Un ricordo che si fa esperienza. Un’infanzia che si fa futuro.



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