Le Calandre

Alajmo: come si costruisce un impero con la forza di un sorriso

Se dovesse raccontare questa storia come un romanzo breve come la racconterebbe?

Pausa, sospiro. Un sorriso (attenzione a questa parola, è uno spoiler di tutta la storia. Ma lo saprete soltanto alla fine).
Un’alzata di spalle che vuol dire “è tutto qui, le mie mani, il mio sacrificio, tutto il mio orgoglio”.

Comincia così la nostra intervista a Erminio Alajmo, Presidente dell’omonimo gruppo e dell’Associazione Pubblici Esercizi della Provincia di Padova.

Alajmo è seduto su uno sgabello di legno, sullo sfondo il suo elegante locale in cui nulla sembra essere fuori posto.
E in ordine sono anche le sue parole, chiare, che ci raccontano questa storia.

Erminio e Rita. Due giovani operosi, due talenti, marito e moglie. Insieme nel 1981 prendono in mano la struttura che oggi è diventata “Le Calandre”, il primo e storico ristorante tristellato di Padova aperto e gestito dalla famiglia Alajmo a Sarmeola di Rubano. Il luogo dove siamo ora.

Insieme rivoluzionano tutto. L’idea di ristorazione, l’idea di cucina.
E i risultati non tardano a fare capolino.
Arriva la prima stella.

E arrivano anche i figli. Raffaele, Laura, Massimiliano.
La famiglia Alajmo diventa un vero e proprio brand, conosciuto, esportato, in Italia e nel mondo. Un laboratorio culinario, una base creativa, un business in costante espansione.

Eppure, noi vogliamo provare davvero a scrivere questo piccolo romanzo breve.
Sui grossi tavoli che ci circondano ci sono libri, manuali. Sulle pareti ci sono fotografie di famosissimi chef italiani e stranieri, ci sono stampe, stralci di articoli di giornali, dediche, abbracci.
C’è l’immagine di Max Alajmo, notissimo chef italiano e il più giovane al mondo a ottenere le tre stelle Michelin a soli ventotto anni.
C’è una storia che scalcia per farsi raccontare. Non possiamo non spostare un attimo il velo, guardare dietro, sbirciare.
Allora andiamo per un momento indietro.

Erminio è nato a Parma ed è cresciuto a Udine.
Cresce in una famiglia modesta. È un bambino timido, soffre di una lieve balbuzie.
È un bambino sveglio. Sa quello che vuole.
Non gli fa paura la fatica, lo stimolano le sfide.

“Avevo un amico originario di Napoli. Ogni mattina macinava il caffè in casa. Un giorno mi dice “Erminio, vieni a darmi una mano al bar”. Il locale si trovava dietro al birrificio Moretti. Mi ricordo la lunga sagoma di un campo sportivo. E mi ricordo che il lavoro era tanto, era faticoso.”

Erminio comincia a fare il lavapiatti, si occupa della dispensa, poi della sala, della cucina.

È lì che conosce sua moglie Rita.

Erminio guadagna quindici mila lire al mese.
Qualcosa (e in questo qualcosa c’è tutto quello che non riusciremo a scrivere in questo breve racconto) gli fa decidere di dedicarsi completamente alla ristorazione.

A diciotto anni si trasferisce a Monaco, in Germania, per imparare la lingua.
Lì fa il banconiere.
Prepara da mangiare alle persone.

“Mi ricordo un piatto di spaghetti con il ragù di fegato alla veneziana” dice.
Si ricorda un dolce a base di spinaci.
Gli resta impresso il sapore, l’odore, gli occhi della gente che addentano ciò che lui ha preparato, ha pensato.

Insieme a sua moglie e a suo cognato Giovanni, dopo essere rientrato in Italia, assume la direzione di quello che diventerà “Le Padovanelle”, altro locale storico degli Alajmo.

“Mi occupavo di amministrazione e di segreteria” dice.

Erminio impara a stare a contatto con i clienti, a fare i preventivi, gestire le spese generali, si occupa di contributi, delle spese per la corrente, per l’acqua. Impara i rischi, capisce come destreggiarsi tra le percentuali.
Sua moglie, invece, affina l’arte dei prodotti naturali.
Anche oggi i menù di Alajmo si ispirano alle stagionalità, ai prodotti freschi, al territorio, alla buona cucina, ai cibi salutari, digeribili.

Il ristorante decolla, ingrana.

Erminio Alajmo, nella storia della guida Michelin, risulta essere l’unico con un primato assoluto: ha aperto tre locali e ciascuno dei tre ha ricevuto e meritato una stella.
“Il Direttore” (così viene chiamato da tutti) nel corso degli anni forma i ristoratori padovani, alza gli standard, aggiorna le tecniche, i ricettari.
Il suo e quello della sua famiglia è un successo continuo, senza freni, senza battute d’arresto.

Qual è il segreto?

“Prova a guardare il logo di Alajmo” dice.
Lo guardiamo.
È una linea che si incurva, sui lati, verso l’alto.
È un sorriso.
“Il segreto di Alajmo è il sorriso” dice.

“Il nostro scopo è l’ospitalità. Come si costruisce l’arte dell’ospitalità? Con il cibo, con l’accoglienza. La scuola Alajmo è saper leggere il cliente e fare in modo che sia felice. Che sorrida. Ecco perché noi siamo i primi a farlo”.

La soddisfazione più grande, oggi, per Erminio è il fatto che le persone ritornino, sempre, si affezionino, tornino per la nascita, per i compleanni, per le cerimonie.

“Non mi importa niente di quanto pago – gli dicono – Io voglio venire a festeggiare qui”.
Erminio vede crescere intere generazioni. Ne custodisce i ricordi, i sorrisi, gli umori.

In fondo, dice, basta che ti invito alle Calandre per farti cambiare umore.

Nessuna stella vale così tanto.



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